
Antonio Dias: artista combattente raccontato in 5 punti.
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La giovinezza e il Brasile degli anni ’50
Antonio Dias è nato il 22 febbraio 1944 a Campina Grande, una città nello stato brasiliano nord-orientale di Paraíba. Si trasferì appena quattordicenne a Rio de Janeiro, nel 1958. Alla fine degli anni ’50 il Brasile si proiettava nel futuro, grazie all’ambizione del presidente Juscelino Kubitschek. Kubitschek aveva avviato una serie di riforme che avevano favorito lo sviluppo industriale, economico e intellettuale del Brasile. Questo importante processo di modernizzazione aveva arricchito la classe media ed era simboleggiato dalla costruzione di Brasilia, la nuova capitale del paese. A Rio, l’adolescente Dias si imbatté nel movimento d’arte d’avanguardia, in sintonia con la modernizzazione di quegli anni, che includevano le colorate costruzioni sospese di Hélio Oiticica e le astrazioni geometriche del Grupo Frente.
Pochi anni dopo, nel 1963, in piena guerra fredda, prendeva il potere con l’appoggio delle masse e dell’opinione pubblica il presidente João Goulart, il quale avviò la riforma agraria e quella dell’istruzione, difese i diritti sindacali dei lavoratori e in un celebre discorso per la storia del Brasile, il 13 Marzo 1964 annunciò la nazionalizzazione delle compagnie petrolifere.

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Il golpe del ’64 e la nuova figurazione
A metà degli anni ’60, Dias emerse come la figura principale di Nova Figuração (New Figuration), un movimento internazionale che nella pittura brasiliana utilizzava immagini audaci e grafiche per contestare la nuova giunta militare brasiliana costituitasi nel 1964 con il golpe di Humberto de Alencar Castelo Branco che aveva scalzato il presidente Goulart.Con un tratto che ricordava i disegni di un cartone animato, Dias dipingeva scene di violenza dei militari sui civili, simboli della pace, falli ed esplosioni atomiche. I tre colori rosso, bianco e nero, conferivano ai suoi dipinti un’immediato riconoscimento stilistico

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Opinião 65 e la fuga in Europa
Seppur il nuovo regime militare volesse reprimere i contestatori il boom culturale e artistico degli anni ’60 era inarrestabile anche in Brasile. Dias insieme ad altri artisti della nuova figurazione come Carlos Vergara e Roberto Magalhaes, misero in piedi la leggendaria mostra Opinião 65 – esposizione polemica, ospitata al museo d’arte moderna di Rio. La mostra raccoglieva opere di artisti brasiliani ed Internazionali uniti dall’esigenza di voler esprimere il loro dissenso utilizzando una poetica che si distaccasse completamente dai loro predecessori moderni. Fondamentale in questo senso fu l’endorsement di Oiticica, uno di quei maestri da superare in senso artistico.
Dopo il grande successo di Opinião 65, Dias viene invitato ad esporre alla biennale di Parigi. Come molti artisti Brasiliani in quegli anni, Dias non tornò più in Brasile a causa dell’acuirsi del clima repressivo del regime.

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Milano

Poco tempo dopo lascia Parigi per trasferirsi a Milano, città che vivrà e amerà fino alla fine. Qui stringe forti legami con artisti come Mario Schifano, Luciano Fabro, Alighieri Boetti e Giulio Paolini. Inizia qui anche a sperimentare altri linguaggi modificando radicalmente la propria produzione artistica, girando ad esempio film in super 8 come “The Illustration of Art I” (1971), in cui due bende incrociavano la pelle di un modello, unendo geometrie, astrazione e body art.
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Il rifiuto della Pop Art
Negli ultimi anni, alcuni storici dell’arte che lavoravano sulla storia dell’arte globale degli anni ’60 hanno collocato le prime opere di Antonio Dias nel grande calderone mondiale della pop art. Nel 2015, alcuni suoi dipinto sono apparsi in “International Pop”, una mostra che ha aperto al Walker Art Center di Minneapolis e successivamente ha viaggiato a Philadelphia e Dallas, così come in “The World Goes Pop”, alla Tate Modern di Londra. Vi sono stati alcuni che hanno definito il movimento di giovani artisti della Nova Figuração come la Brasilian Pop Art. Eppure l’arte selvaggia degli anni ’60 di Dias, cruda e spesso selvaggia, sedeva a disagio accanto alle scatolette di zuppa di Andy Warhol o ai fumetti di Roy Lichtenstein. In una recente intervista per celebrare i 50 anni di Opinião 65 spiegava come:
“La mia arte non aveva nulla di Pop. L’arte è un campo d’azione che divide i pensieri e ti obbliga a prendere una posizione. Nel mio caso è sempre stato un tentativo di auto-affermazione. L’arte negli anni ’60 per me è stato come partecipare alla guerrilla.”

Come Casa d’Aste, vogliamo ricordare la memoria dell’ artista scomparso quest’estate 2018.
Michela Scotti, Specialista del dipartimento di Arte Moderna di Cambi e amica di Dias scrive: