Ad un anno dal centenario della nascita di Dino Gavina, Cambi Casa d’Aste presenta l’esclusiva asta dedicata alla produzione di Gavina, tra i principali marchi storici italiani di arredamento di design.
Fondata negli anni ’60 da Dino Gavina, una delle figure imprenditoriali più importanti nel settore dell’arredamento e del Design italiano, l’azienda Gavina SpA è stata ed è tutt’ora, infatti, punto di riferimento e d’ispirazione per moltissime altre aziende del settore, italiane e internazionali.
Il biglietto da visita di Dino Gavina riportava la peculiare dicitura “Dino Gavina, sovversivo”. Tutto qui. Non un numero di telefono, non un indirizzo. La scelta formale è già di per sé anticonformista, soprattutto in un momento storico, quello degli anni Sessanta, in cui i sovversivi venivano spesso affiliati a movimenti ed organizzazioni che nulla avevano a che fare con la ricerca e la sperimentazione estetica.
Dino Gavina è stato un romantico idealista nel declinare esperienze imprenditoriali diverse con il multiforme impegno di imprenditore, committente e visionario. Proprio questa poliedricità si connette con ciò che è stato il vero motore del suo successo: il contatto diretto con architetti, designer, scultori, pittori e critici, in un arco di tempo molto ampio che inizia nei primi anni ’50 e che lo ha riportato a lavorare con personalità così variegate da rendergli familiare districarsi in progetti e idee difficili da realizzare e ancor più da produrre in serie.
La capacità di Dino Gavina di andare all’essenziale, padroneggiando la tradizione artistica, gli permetteva di vedere il successo di un’idea prima ancora che l’artista stesso ne fosse coscio: anche quando l’artista non era concentrato e, quasi in modo spontaneo, produceva un qualsiasi manufatto, Dino Gavina sapeva coglierne la poetica e tradurlo in progetto tecnico. Esempio su tutti il gioco Silla scatola di biscotti di forma ovale dove Man Ray disegnò un occhio, che si evolverà poi nella seduta Le Timoni. Egli fu dunque, oltre a un vulcanico creatore di progetti, un facilitatore di competenze ed un catalizzatore di idee.
François-Xavier Lalanne, Kazuhide Takahama, Paravento Rhinocéros, Prod. Simon Gavina, Italia, 1976, lotto 94
“Se non si conoscono la letteratura, le arti figurative e magari un po’ di musica, non si può comprendere o progettare un mobile, che è l’espressione del tempo in cui è stato realizzato” Dino Gavina
Dino Gavina è la prima persona ad avere portato il linguaggio dell’arte nella produzione industriale dell’arredo, introducendo così il concetto di “fabbrica artistica”. Non tutti sanno che l’idea del contemporaneo – così come quella del futuro o del moderno – non è sempre esistita e immutabile, ma, al contrario, viene nel tempo progettata e interpretata. E, se c’è stato un inventore del contemporaneo nel settore del design, quello è stato sicuramente Dino Gavina. Negli anni del dopoguerra, infatti, è stato capace di dare un impulso decisivo al design italiano, giunto con grande ritardo tecnologico e formativo rispetto alla scena internazionale.
Sebastian Matta, Salotto modulare mod. Malitte, Prod. Gavina, Italia, 1966, lotto 29
Dino Gavina fonda la Gavina Spa nel 1960 e assume il ruolo di amministratore delegato, chiamando alla presidenza l’architetto Carlo Scarpa. La sede storica dell’azienda si trova a San Lazzaro di Savena, in un edificio progettato da Pier Giacomo Castiglioni nel 1959.
In un panorama dominato dal mobile in (falso) stile antiquario o che identificava la modernità con il design scandinavo, Gavina capisce che la partita italiana può essere vinta solo attraverso la valorizzazione della cultura artistica nel prodotto industriale di arredo. La sua personale attitudine lo porta a diretto contatto con artisti e architetti. Dino frequenterà infatti tutti i più grandi autori di quegli anni: Lucio Fontana lo introdurrà nell’ambiente della Triennale dove lui conoscerà Pier Giacomo Castiglioni, suo sodale di una vita insieme agli Scarpa, padre e figlio. Marcel Duchamp, Man Ray, Meret Oppenheim, Roberto Sebastian Matta sono solo alcuni dei nomi con cui Gavina collaborerà.
Dino Gavina, Pouf omaggio a Andy Warhol, Prod. Simon Gavina, Italia, 1971, lotto 42
Nel 1967 viene fondato il Centro Duchamp che è una fabbrica artistica: sembra un ossimoro, ma è in realtà anch’esso un preciso piano strategico, basato sull’idea che “la produzione è il mezzo di comunicazione più efficace del nostro tempo”. In quegli anni il Centro diventerà il luogo propulsore della sperimentazione di molti artisti e i progetti con i Castiglioni saranno innanzitutto “provocazioni formali”.
Sensibilità per l’estetica e tecnologia, però, devono andare di pari passo e sul fronte squisitamente tecnico-innovativo i prodotti Gavina di quegli anni non hanno niente da rimproverarsi. I divani di Takahama e le sedute di Matta, per esempio, sono sì provocazioni, ma anche oggetti tecnici ineccepibili, pensati per utilizzare finalmente il poliuretano nelle sue potenzialità industriali reali, tagliandone i volumi in grossi blocchi.
Ignazio Gardella, Due poltrone mod. Digamma, Prod. Gavina, Italia, 1957, lotto 7
Tra i suoi numerosi progetti visionari, ricordiamo:
La serie dell’Ultramobile del 1971, una collezione di opere d’arte in edizione aperta con pezzi, tra gli altri, di Matta, Duchamp, Oppenheim: qui si realizza l’obiettivo gaviniano di liberazione dal meccanicismo forma-funzione del razionalismo e il mobile si espande nei suoi significati altri, quasi proseguendo l’operazione di rottura avviata nel 1936 a Parigi con la mostra sull’oggetto surrealista. Nel testo introduttivo alla presentazione della serie, che aveva tutte le modalità dell’esposizione artistica, si parla di mobili domestici come “torpidi animali imprevedibili” che vanno riportati a una “meraviglia primordiale”, creando “l’oscura sensazione che una sedia è vivente come una rosa”.


Tobia Scarpa, Due lampade a sospensione mod. Fior di Loto, Prod. Flos, Italia, 1962, lotto 12 e Tobia Scarpa, Lampada da tavolo mod. Biagio, Prod. Flos, Italia, 1968, lotto 24
Il secondo progetto chiave è la serie del Metamobile del 1974, che mette in produzione la ricerca già iniziata mesi prima da Enzo Mari nella sua Proposta per un’Autoprogettazione. In questo caso si trattò dell’“offerta del kit per l’autocostruzione di mobili poveri ed essenziali, ad estetica garantita”, arrivando alla situazione-paradosso di un produttore che realizza componenti di arredo che invitano all’autoproduzione: una sorta di metaprogetto che forse è nel suo significato il vero capolavoro concettuale del grande sovversivo.
Altro progetto significativo del 1983 con Paradisoterrestre, ricerca decennale sul rapporto tra artificiale e naturale che ha al centro il dialogo tra manufatto antropico e contesto cittadino, con elementi di arredo urbano che sconfinano nella scultura, e che oggi si rivela profetica. Mai come adesso, infatti, è chiaro che la relazione fragile tra uomo e ambiente richieda attenzione, riflessione e cultura.
Kazuhide Takahama, Due poltrone mod. Mantilla, Prod. Simon Gavina, Italia, 1974, lotto 68
Oggi i suoi progetti, a distanza di decenni dalla loro origine, tratteggiano il profilo di un uomo che non solo seppe essere moderno e dirompente per i suoi contemporanei ma che, ancora adesso, risulta essere un visionario a tratti irraggiungibile.
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