Protagonista dell’architettura europea a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, Giuseppe Valadier (Roma, 1762 – Roma, 1839) fu un testimone d’eccezione delle vicende storiche di Roma, dal papato di Pio VI (1775-1799) alla Restaurazione.
Uno dei maggiori architetti neoclassici, fu anche orafo, argentiere e attento restauratore di monumenti antichi.
La famiglia Valadier
La storia che lega la famiglia Valadier all’argento inizia in Provenza grazie a Andrea Valadier, argentiere nato ad Aramon (Languedoc) approdato a Roma nel 1714.
Figli di Andrea saranno Luigi e Giovanni, entrambi maestri argentieri e suoi apprendisti. Giovanni rimase gran parte della sua vita presso la bottega paterna (che condusse dal 1763 al 1800), abitando con la madre nella casa in piazza S. Luigi dei Francesi.
Luigi Valadier, invece, dopo aver appreso l’arte nella bottega del padre andò a perfezionarsi lavorando a Parigi. Condusse insieme al fratello la bottega fino al ’63, anno in cui si trasferì con la sua famiglia in via del Babuino. Dal 1766 al 1769 ricoprì la carica di 4° Console degli Orefici e nel 1779 il Pontefice gli fece visita nel suo stabilimento: il Valadier fu infatti orafo di fiducia di diversi papi e di altolocate personalità italiane e straniere.

Nel 1780 prese come socio Giuseppe Amici e cinque anni dopo morì tragicamente gettandosi nel Tevere, probabilmente per la disastrosa situazione economica in cui versavano i suoi affari.
Giuseppe Valadier, figlio di Luigi, completò il suo apprendistato nella bottega di famiglia continuandone l’attività fino al 1817.
La passione per l’architettura lo scelse fin da giovanissimo: a tredici anni vinse il primo premio al concorso bandito dall’Accademia di San Luca, premio premonitore dato che Valadier completò la sua carriera proprio come insegnante all’Accademia romana.
La predilezione per l’arte architettonica lo portò ad operare soprattutto a Roma: nel 1781 divenne Architetto dei Sacri Palazzi, cinque anni dopo Architetto Camerale e dal 1810 fu tra i direttori dei Lavori Pubblici di Beneficienza.
Nel 1817 cedette la storica bottega in via del Babuino a Giuseppe e a Pietro Paolo Spagna.
Valadier architetto
L’attività architettonica di Giuseppe fu lunga e prolifica, ricordiamo qui solo alcune delle sue maggiori opere.
Prima opera degna di fama, fu la ricostruzione del magnificente Duomo di Urbino nel 1789.
Nel 1806, a Roma, si occupò della facciata della Chiesa di San Pantaleo, un ardito progetto di semplicità neoclassica.
Tra 1809 e 1822 Valadier si adoperò per la sistemazione urbanistica di Piazza del Popolo, capolavoro di fusione tra spazi urbani e spazi naturali, e del Pincio, utilizzando la geniale invenzione delle terrazze graduate. Entrambe le opere sono tra i più significativi esempi di sistemazione urbane del tempo.
Durante gli ultimi anni di attività, Valadier si dedicò soprattutto al restauro di antichi monumenti, tra cui l’Arco di Tito (1819-1821) e il Tempio della Fortuna Virile (1829-1835).
Da menzionare, l’attività di Valadier per i teatri pubblici romani. Si interessò infatti al restauro del piccolo Teatro Valle (1819), e del Teatro Sociale (1830-31).
Valadier da Cambi Casa d’Aste
Nelle aste Cambi sono passate diverse opere provenienti dalla bottega Valadier.
Il più incredibile, un Vaso neoclassico in rosso antico e in bronzo dorato (fine del XVIII secolo) venduto a 27.500 €. Opera di Luigi Valadier e bottega.
Altro raffinato esempio, un Cucchiaio da portata in argento fuso, sbalzato e cesellato, con punzone di del maestro Luigi Valadier (1760-1785), venduto a 13.000 €, probabilmente facente parte del celebre servizio da tavola eseguito per i Principi Borghese.
Durante le nostre vendite sono passati alcuni interessanti disegni di Giuseppe Valadier.
Il Progetto per una montatura del “Cammeo Gonzaga” su commissione di papa Pio VI Braschi (1795), venduto a 9.000 €, degli Studi di Cornice a penna, matita nera e acquerello, venduti a 4.500 € e un disegno del 1790 circa di una Colonna rostrata, venduto a 4.000 €.

Il pezzo che andrà in asta nella vendita Dimore Italiane del 5 aprile è però un pezzo incantevole ed estremamente raro. Si tratta di un’importante Coppia di colonne con simboli araldici della famiglia Borghese, opera di ambito di Giuseppe Valadier o Giuseppe Spagna, del 1820 circa.
Il fusto è composto di un solo blocco di porfido, sormontato da capitello in argento fuso, sbalzato e cesellato a figure femminili fantastiche dai cui arti inferiori si dipartono racemi di foglie e fiori. Il plinto ha una montatura in argento decorata da ghirlande e figure di aquile e draghi a tutto tondo, figure che rimandano esplicitamente alla committenza della nobile famiglia dei Principi Borghese. La base a doppio gradino è in porfido e serpentino.
L’opera dichiarata di interesse storico-artistico particolarmente importante, soggetta a vincolo da parte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio.

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