Attrice, cantante, regista e vera icona di stile, Jane Birkin ha ispirato milioni di persone in tutto il mondo, lasciando un segno indelebile nella cultura grazie alla sua eleganza senza tempo. Dalla storia d’amore con Serge Gainsbourg e al loro spregiudicato duetto “Je t’aime… moi non plus”, passando per l’iconica borsa Birkin di Hermès e al suo stile anticonvenzionale, Jane Birkin continuerà ad influenzare ancora innumerevoli generazioni.
Ma ripercorriamo la sua straordinaria vita e il suo percorso creativo completo ed eclettico.
Nata a Londra il 14 dicembre 1946, Jane Mallory Birkin era la seconda figlia del maggiore David Birkin, comandante della Royal Navy, e dell’attrice e cantante Judy Campbell, famosa per le sue interpretazioni nei musical di Noël Coward, di cui seguirà presto le orme. Iniziò infatti la carriera di attrice teatrale a 17 anni, negli anni della swinging London, e in seguito esordì come cantante in un musical, esortata dal compositore inglese John Barry, autore delle musiche dei film di James Bond, che poi sposò all’età di 19 anni. Da questo matrimonio ebbe la sua prima figlia, Kate Barry, nata nel 1967 e morta suicida nel 2013.
Il suo esordio cinematografico risale al 1965 con “Non tutti ce l’hanno” di Richard Lester, ma fu con il film seguente, “Blow-Up” di Michelangelo Antonioni (1966), e con la scena in cui comparve in topless, che la Birkin raggiunse la celebrità, diventando un’icona grazie al suo fisico androgino e alla sua femminilità sensuale.
È nel 1968, sul set del film francese “Slogan”, che avviene l’incontro fatale con il cantante e musicista Serge Gainsbourg, con cui intraprese un lungo sodalizio sentimentale e professionale che li rese una delle coppie più celebri e trasgressive del jet set dell’epoca.
Alla fine del 1968 i due incisero a Londra il primo album frutto della loro collaborazione, intitolato “Jane Birkin – Serge Gainsbourg”. La pubblicazione del disco venne anticipata l’anno successivo dal celebre singolo “Je t’aime… moi non plus”, suscitando grande scandalo. Nonostante le polemiche e i divieti, il brano diventò un successo in molti paesi, vendendo più di cinque milioni di copie e regalando enorme notorietà alla coppia.
I due andarono a vivere a Parigi insieme alla figlia di Jane, nell’appartamento al 5 bis di rue de Verneuil, nel 7º arrondissement, che divenne un punto d’incontro di artisti, intellettuali e bohémien dell’epoca. Nel 1971, da questo travolgente amore, nacque la loro figlia, l’attrice Charlotte Gainsbourg.
Durante gli anni settanta Birkin continuò l’attività di cantante incidendo alcuni album scritti prevalentemente dal marito, che la fecero diventare una delle più apprezzate interpreti d’oltralpe. Parallelamente proseguì la sua carriera di attrice, alternando produzioni francesi, come “La piscina”, “Il romanzo di un ladro di cavalli”, “Una donna come me”, e internazionali, come “Assassinio sul Nilo”.
Nel corso degli anni le sregolatezze di Gainsbourg divennero sempre più difficili da sostenere per la compagna, che, ormai trentenne, iniziò a desiderare uno stile di vita più tranquillo e lontano dagli eccessi. Dopo la loro separazione nel 1980, pur continuando la collaborazione con Gainsbourg in ambito musicale, Birkin si legò al regista francese Jacques Doillon, con cui iniziò una nuova fase della sua carriera, abbandonando l’immagine sensuale e trasgressiva che l’aveva caratterizzata negli anni precedenti per far emergere una personalità più matura, versatile e complessa. Dalla loro relazione nacque nel 1982 una terza figlia, Lou Doillon, diventata poi una modella, cantante e attrice.
Nel corso degli anni ottanta, oltre che nei film diretti da Doillon, recitò fra gli altri anche per Jean-Luc Godard, Patrice Leconte, Paul Morrissey e Agnès Varda, con cui stabilì un importante sodalizio professionale e che nel 1988 le dedicò il film “Jane B. par Agnès V.”.
Fu candidata due volte ai premi César, il principale riconoscimento cinematografico francese, nel 1984 per “La Pirate” di Jacques Doillon e nel 1986 per “La donna della mia vita” di Régis Wargnier. Alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985 la giuria riconobbe la sua interpretazione in “Polvere” di Marion Hänsel come la migliore del festival (ex aequo con quella di Sandrine Bonnaire), ma decise che per quell’anno il premio per la migliore interpretazione femminile non sarebbe stato assegnato.
Parallelamente proseguì la sua carriera musicale, pubblicando gli album “Baby Alone in Babylone” (1983, Disco d’oro in Francia) e “Lost Song” (1987), sempre scritti da Gainsbourg. Nel febbraio 1987, la quarantenne Birkin esordì anche dal vivo, debuttando al teatro Bataclan di Parigi, iniziando un’attività di recital a cui si dedicherà regolarmente negli anni successivi.
Jane è stata anche la musa ispiratrice della maison Hermès, che nell’84 lanciò la “Birkin Bag” a lei dedicata e che negli anni è diventata una delle cosiddette It Bags, le borse più iconiche del mondo. Le cronache raccontano che durante un volo Parigi-Londra nel 1984 Jane Birkin era seduta accanto a Jean-Louis Damas, allora Presidente di Hermès, e lamentava di non riuscire a trovare la borsa giusta. Era da poco diventata madre per la terza volta voleva e un accessorio capiente che fosse anche molto elegante, e lui improvvisò lo sketch di una borsa duttile, spaziosa, di forma rettangolare: fu quello il primo prototipo di Birkin che avrebbe conquistato generazioni di donne in tutto il mondo.
Dopo la separazione da Doillon, Birkin iniziò a diradare l’attività cinematografica, privilegiando quella musicale e teatrale. Nel 1990 uscì “Amour des feintes”, l’ultimo album scritto per lei da Serge Gainsbourg. Dopo l’improvvisa morte dell’ex compagno nel 1991, Birkin gli rese omaggio con “Versions Jane” (1996), una raccolta di canzoni di Gainsbourg riarrangiate. Nello stesso periodo proseguì la sua attività di attrice nel cinema e in televisione e si dedicò lei stessa alla regia, dirigendo nel 2007 il film autobiografico “Boxes”.
Dagli anni duemila in poi fu attiva anche in ambito sociale e umanitario, in particolare per chiedere la liberazione della leader birmana Aung San Suu Kyi nel 2008; inoltre, come ambasciatrice di Amnesty International, si recò in Bosnia e in Cecenia, cantò in Cisgiordania e a Ramallah, e si impegnò a favore delle vittime del conflitto in Ruanda. Durante una missione umanitaria nella ex Jugoslavia, incontrò lo scrittore Olivier Rolin, che divenne il suo ultimo compagno. È stata fra i duecento firmatari dell’appello contro il riscaldamento globale pubblicato nel 2018 in prima pagina dal quotidiano Le Monde.
Nel 2016 Jane Birkin venne omaggiata dal Festival del Cinema di Locarno con un tributo alla carriera. Nel 2021 la figlia Charlotte le ha dedicato il semi-documentario “Jane by Charlotte”. Nel 2022 la Universal Music ha annunciato la ristampa integrale di tutta la discografia in studio dell’artista, dal 1969 ad oggi.
Domenica 16 luglio 2023, Jane Birkin è mancata a Parigi, lasciando tutti con il cuore spezzato ma con un enorme bagaglio artistico e creativo da cui trarre ispirazione.