Nei giorni 8 e 9 novembre 2023 nella sede milanese di Cambi Aste d’Arte verrà battuta una nuova Asta Live in collaborazione con Crippa Numismatica: il panorama offerto nei due cataloghi proposti spazia in tutto l’ambito della numismatica medioevale e moderna italiana, oltre ad alcuni lotti di monete estere e dell’Estremo Oriente e di cartamoneta. In particolare la prima parte dell’Asta, in vendita l’8 novembre e la mattina del 9 novembre, comprende circa 3000 monete di moltissime zecche italiane catalogate secondo l’ordine del Corpus Nummorum Italicorum. Numerosi sono i pezzi di grande rarità e pregio artistico.
Tra le gemme del Rinascimento italiano spicca il testone d’argento di Ercole I d’Este (1471-1505) con l’idra (lotto n.418), emesso dalla zecca di Ferrara in occasione di importanti lavori urbanistici voluti dal duca nel 1492: l’assedio subito da Ferrara nel 1484 nella guerra contro Venezia ne aveva infatti evidenziato la debolezza difensiva e l’esigenza di dover dotare la città di una nuova cinta muraria. Il duca decise dunque di incaricare l’architetto di corte Biagio Rossetti di progettare una più moderna sistemazione della città: nacque così quell’ambizioso progetto di città ideale noto con il nome di Addizione Erculea, che per l’originalità della concezione viene considerata come una nella più importanti opere urbanistiche del Rinascimento e che fece di Ferrara “la prima città moderna d’Europa”.
L’area urbana, con le nuove mura, venne più che raddoppiata, con un ampliamento verso nord teso ad inglobare alcuni prestigiosi palazzi ducali che nella Ferrara medievale sorgevano oltre il perimetro della città. Il fosso della Giovecca fu interrato e coperto da un’ampia strada che univa la parte vecchia della città alla nuova; per quest’ultima fu progettata, sull’esempio del castrum romano, una rete viaria ortogonale, con due lunghe strade che correvano una da sud verso nord e l’altra da est a ovest.
A differenza delle antiche città romane, che ponevano il foro all’incrocio dei due assi principali, a Ferrara il Rossetti preferì decentrare la zona del mercato (detta piazza Nova, oggi piazza Ariostea) e destinare il punto di incontro tra le due vie maestre, chiamato Quadrivio degli Angeli, ad ospitare importanti palazzi: sorsero così il Palazzo Prosperi-Sacrati, il Palazzo dei Diamanti e il Palazzo Turchi di Bagno, questi ultimi due opera dello stesso Biagio Rossetti. La parte nuova della città, tutt’oggi chiamata Arianuova, è caratterizzata da ampie vie, piazze ed estese aree verdi, a contrasto con la parte medioevale, con il suo dedalo di viuzze strette e tortuose. L’Addizione Erculea fu terminata nel 1510, pochi anni dopo la morte del duca da cui prese il nome; nel 1995 l’UNESCO la proclamò patrimonio dell’umanità.
In concomitanza con l’inizio dei lavori dell’Addizione Erculea, la zecca di Ferrara emise, nel 1492 o 1493, uno splendido testone in argento del valore di 12 soldi, il cui campo del rovescio, anepigrafo, è completamente occupato da un’idra a sette teste, ossia il velenosissimo mostro che secondo il mito greco terrorizzava la città di Lerna in Argolide e che venne ucciso da Eracle in una delle sue dodici fatiche. L’impresa dell’idra era tra le preferite dei duchi estensi: già presente sulle miniature della Bibbia di Borso d’Este e sulle pareti della Sala delle Imprese di Palazzo Schifanoia, venne pure affrescata per volontà di Ercole I nella chiesa di San Cristoforo alla Certosa. Rappresentata su questa moneta voleva forse alludere alla malaria, che fu debellata dalle opere di bonifica volute da Ercole I sull’area di destinazione dell’Addizione. Si ipotizza che autore di questa prestigiosa moneta sia stato l’incisore Giannantonio da Foligno, a cui si devono molte altre monete di Ferrara.
All’ultima tornata d’asta, prevista per il pomeriggio del 9 novembre, è dedicato il secondo catalogo Cambi-Crippa, che comprende una prestigiosa collezione di monete di Casa Savoia. Nell’ampia galleria di ritratti dei duchi Savoia presenti in questa raccolta spiccano i volti di due duchesse, Cristina Maria di Borbone-Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, che furono chiamate a reggere lo stato sabaudo durante le minorità dei figli. Una grave situazione dinastica infatti caratterizzò la storia del ducato sabaudo per tutto il Seicento, quando per ben tre volte principi bambini dovettero passare dai giochi al trono per la morte improvvisa del genitore. L’evento non era neanche così eccezionale in un epoca in cui l’aspettativa di vita era piuttosto bassa non solo nelle classi meno abbienti, ma anche nelle famiglie nobiliari: guerre, pestilenze, malattie, ma anche vizi, eccessi e congiure di palazzo uccidevano sovrani spesso ancora giovani, creando problemi per la loro successione.
Nel 1637 la scomparsa del duca cinquantenne Vittorio Amedeo I lasciò il trono sabaudo senza un erede maggiorenne. La duchessa vedova Cristina Maria di Borbone-Francia (1606-1663) assunse subito la reggenza a nome del primogenito Francesco Giacinto di soli cinque anni; ma la fragile costituzione del principino lo spense dopo pochi mesi e la corona passò al fratello minore che salì al trono con il nome di Carlo Emanuele II, sempre sotto la tutela materna.
Figlia del potente Enrico IV di Francia e di Maria de’ Medici e sorella di Luigi XIII, la bella e giovane Cristina amava farsi chiamare la Madama Reale per rimarcare le sue nobili origini: donna di grande ambizione e destrezza politica, seppe reggere le sorti dello Stato nonostante gli attacchi e le lusinghe di quanti speravano di approfittare di questo momento di debolezza per impadronirsi del Ducato sabaudo. Anche dopo che il figlio Carlo Emanuele II fu proclamato maggiorenne nel 1648, Cristina continuò a intervenire nella gestione degli affari politici praticamente fino alla sua morte, avvenuta nel 1663.
Le monete delle due reggenze di Cristina di Francia conservano lo stesso conio di diritto, su cui è raffigurato il profilo della duchessa accanto a quello del figlioletto. Nella nostra prossima asta viene offerto lo splendido pezzo da quattro scudi d’oro datato 1641 (lotto n. 1097), emesso nella zecca di Torino e opera dell’incisore Stefano Mongino, originario di Soriso nei pressi del lago d’Orta, al quale è attribuito anche il famoso carlino con il compasso di Carlo Emanuele I di Savoia.


Nel 1675 una morte improvvisa stroncò anche Carlo Emanuele II ancora nel fiore degli anni e si riaprì per il ducato sabaudo il problema della successione, poiché l’unico erede era il piccolo Vittorio Amedeo di soli nove anni. Anche in questo caso la reggenza fu assunta dalla madre Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours (1644-1724), la seconda Madama Reale, che vediamo raffigurata accanto al figlio su tre monete in vendita in asta, una doppia in oro datata 1679 (lotto n. 1098), una mezza doppia sempre in oro del 1676 (lotto n. 1099) e uno scudo d’argento del 1680 (lotto n. 1100): sulle monete in oro la duchessa è velata in segno di vedovanza. I conii furono eseguiti dall’incisore Michele La Fontaine.
Figlia di Carlo Amedeo di Savoia-Nemours e di Elisabetta di Borbone-Vendôme, Maria Giovanna Battista era la seconda moglie di Carlo Emanuele II; animata da grande ambizione, cercò di mantenere la reggenza del ducato anche dopo la maggiore età di Vittorio Amedeo II. Solo nel 1684, con il proclama di Rivoli, il duca riuscì ad assumere il diretto governo dello stato. Estromessa dalla vita politica, la colta e raffinata Maria Giovanna Battista decise di continuare a patrocinare le arti e le lettere come già aveva fatto durante la reggenza: fece costruire alcune chiese, favorì l’ampliamento di Torino e chiamò l’architetto Filippo Juvarra per l’ammodernamento del castello di Torino, sua residenza, che da lei prese il nome di Palazzo Madama.