In un catalogo nuovo, rilegato nero e oro, spiccano le immagini di un centinaio di oggetti. È il catalogo di “100 Capolavori in Ceramica e Vetro del ‘900 Italiano” , l’asta live di Cambi Casa d’Aste che presenta un’approfondita selezione di solo cento pezzi: tutti capolavori o rarità in ceramica e vetro di Murano realizzati nel Novecento da grandi autori e dalle più grandi manifatture italiane.
Top lot dell’asta è un pezzo degli anni Trenta, l’iconico vaso a Dieci Anse in vetro pulegoso verde smeraldo su disegno di Napoleone Martinuzzi per Venini, gemello di quello regalato a Gabriele D’Annunzio ed ancora conservato al Vittoriale.

Lotto n. 63. Napoleone Martinuzzi, Venini, 1935 ca Vaso in vetro pulegoso sommerso con dieci anse cordonate applicate. Firma all’acido altezza cm 25,5 cm 28×22
Nato a Murano il 31 maggio 1892, Napoleone Martinuzzi è stato uno scultore, artista, imprenditore del vetro Italiano. Padre di uno dei materiali più rivoluzionari del vetro del Novecento, il “pulegoso” e discendente da una famiglia di maestri di Murano, figlio di Giovanni e Amalia Fuga, entrambi membri di famiglie di maestri vetrai, studia musica, scultura, ceramica ed oreficeria all’Accademia di Belle Arti a Venezia e di Roma. Dal 1908 partecipa alle mostre della stagione secessionista a Ca’ Pesaro, fino al 1920.
A partire dall’inizio degli anni Venti l’attività scultorea del Martinuzzi si intersecò con la pratica dell’arte vetraria. Il sodalizio con Paolo Venini arriva negli anni successivi e nel 1925 nasce Vetri Soffiati Muranesi Venini & C. di cui Martinuzzi diventa socio e direttore artistico. Lo caratterizza uno stile unico, che deriva dall’esperienza come scultore.
A questa duplice produzione guardò anche Gabriele D’Annunzio, che a partire dal 1921 affidò a Napoleone Martinuzzi, probabilmente già incontrato a Venezia nel 1917, la realizzazione di opere scultoree per i giardini e le stanze del Vittoriale degli Italiani. D’Annunzio gli commissionò anche numerosi oggetti in vetro e intrattenne con il vetraio scambi epistolari, in cui mostrava di tenere nella più alta considerazione la sua maestria tecnica.
Al 1928 risale l’invenzione del «vetro pulegoso», sfruttando e enfatizzando un difetto di fabbricazione, ovvero una densa presenza di bolle prodotte da agenti chimici durante la fusione, tale da renderlo quasi opaco. Con questo materiale di tonalità verde scuro Martinuzzi realizzò un’anfora esposta alla Biennale del 1928, un grande vaso e una coppa per il Vittoriale entro il 1930.


Mantenne l’incarico di direttore artistico di Vetri Soffiati Muranesi Venini & C. fino al 1932. Dopo la liquidazione della Vetri Soffiati Muranesi Venini, Martinuzzi fonda una nuova società con Francesco Zecchin, collaborando con due maestri vetrai di altissimo livello: Otello Nason e Alfredo Barbini. Le realizzazioni della fornace si distinguono per i modelli e l’uso di materiali lontani dalla tradizione classica. Martinuzzi ottiene notevoli consensi da pubblico e critica, presenziando alla Biennale di Venezia per tredici edizioni (1920-1950), alla Triennale di Monza (1930) e alla Triennale di Milano (1933). Contribuisce con le sue creazioni all’affermazione di un gusto in bilico tra art déco e «stile Novecento».
Nel 1936 Martinuzzi esce dalla società per dedicarsi con maggiore impegno alla scultura. Dopo una lunga interruzione, nel 1947 passa alla direzione artistica della vetreria Arte del vetro di Alberto Seguso. Dal 1953 collaborò con Gino Cenedese, fino al 1958, creando lampadari e piastrelle vitree; poi negli anni Sessanta progettò ancora per la ditta Pauly opere eseguite da A. Barbini. Il Martinuzzi morì a Venezia il 15 maggio 1977.