Alla fine del conflitto bellico quasi tutti i teatri del territorio ligure risultarono inagibili, se non addiritura ridotti in macerie e Genova venne definita la “Stalingrado dei teatri”. Ed è proprio dal teatro che, possiamo dire, questa storia ebbe inizio, esattamente il 31 ottobre 1957 con lo spettacolo “Cinque storie da ridere per voi”.
Venne messo in scena in un posto unico nel suo genere, poiché sarebbe riduttivo chiamarlo semplicemente “teatro”. L’ambiente, in stile Liberty, era quello sotterraneo del Caffé Borsa di Piazza Affari, l’obiettivo, a dir poco coraggioso e quasi provocatorio, quello di creare un vero e proprio centro artistico, dedicato all’innovazione e alla ricerca.
La “Borsa di Arlecchino”, così venne chiamata, permise al pubblico di conoscere autori a quel tempo poco se non del tutto sconosciuti al pubblico italiano, quali Beckett o Ionesco, senza però dimenticarsi dei nomi italiani.
Nonostante fu costretta a chiudere i battenti nel 1960, la “Borsa” divenne una realtà conosciuta a livello nazionale, sul cui piccolo palco si esibì anche De André e che si avvalse del supporto fondamentale di un regista del calibro di Aldo Trionfo, di uno scenografo quale Emanuele Luzzati e di Paolo Poli come attore.
Paolo Minetti partecipò a questo progetto dall’inizio, come imprenditore, come attore, ma anche come appassionato e rivoluzionario “cacciatore di testi” in cerca di innovazione e di modernità.
Innovazione, ricerca e modernità sono proprio i punti fermi del modo di fare cultura di Minetti, ed è per tale motivo che sarebbe troppo limitato definirlo “solo” gallerista. Il termine più appropriato credo sia “operatore culturale”, come si usava dire negli anni settanta.
Nel 1963, seguendo la linea di sperimentazione tracciata dal grande critico e storico dell’arte Eugenio Battisti, all’epoca professore di Storia dell’Arte all’Università degli Studi di Genova, a Boccadasse nacque da un’idea di Eugenio Carmi la “Galleria il Deposito”, una cooperativa senza fini di lucro e auto finanziata con l’obiettivo di rendere l’arte accessibile, e che quindi non si rivolgesse solo ed esclusivamente al collezionista tradizionale, producendo a tal fine serigrafie e stampe.

Provenienza: Galleriaforma, Genova Collezione Paolo Minetti, Genova
Il “Deposito” (che prende il nome dalla sede, un ex deposito di carbone) e la “Borsa” avevano in comune la voglia di far conoscere, di innovare, di dare visibilità, ma non è tutto. In comune avevano anche Paolo Minetti, il quale inaugurò la prima mostra della Galleria nel novembre dello stesso anno, in veste di direttore. Il titolo: “Sedici quadri in blu”, curatore: Gillo Dorfles, artisti presentati, fra gli altri: Getulio Alviani, Giuseppe Capogrossi, Lucio Fontana, Achille Perilli e Giuseppe Santomaso. Ma non solo, fra tutti questi informali ed astrattisti divenuti poi di grande fama, compare anche il nome di un altro grande pittore, figurativo: Marc Chagall. Sì perché lo scopo dell’attività non era quello di divulgare un determinato tipo di filone artistico, ma accomunare gli artisti in un percorso in cui il legante fosse l’affinità emotiva.
Agli inizi degli anni settanta Paolo Minetti decise di aprire, con l’aiuto dei Fratelli Rebora, imprenditori e collezionisti, la Galleriaforma in Largo San Giuseppe. Era il 1972, inaugurata in ottobre con una mostra dedicata a Mario Ceroli, poi Castellani, Warhol e Manzoni. Capace di instaurare e mantenere rapporti internazionali con grandi nomi quali quello di Ileana Sonnabend, la Galleriaforma visse dieci anni intensi, fino al 1982, in cui Minetti continuò il suo percorso e la sua ricerca basata come sempre sull’innovazione, sperimentazione, creatività, cultura.

Provenienza: Galleriaforma, Genova Collezione Paolo Minetti, Genova
Un programma espositivo intenso, per generare eventi, stimoli e conoscenza (e non mercato), che diede luce ad alcune mostre storiche e memorabili come quella di Robert Morris (che inaugurò il filone “concettuale” per cui la galleria è nota ancora oggi) nel 1973, con le sue enormi sculture che attraversavano le finestre della galleria, oppure il “Progetto per un Amleto Politico” di Vincenzo Agnetti. Questa premessa ci sembrava doverosa per introdurre le opere di Giorgio Morandi a lui appartenute. Potremmo intenderle, osservando il percorso artistico della sua galleria, come qualcosa di esterno alla sua idea di arte. Addiritura, forse, estraneo. E invece è esattamente il contrario.

Provenienza: Galleriaforma, Genova Collezione Paolo Minetti, Genova
Morandi fu un instancabile sperimentatore – fra olio, acquerello, disegno e incisione – e ricercatore solitario, in grado di raggiungere un equilibrio mai ottenuto prima fra realismo e semplificazione formale, in cui oggetti comuni e paesaggi, sempre uguali eppur sempre diversi, ci appaiono sotto una luce totalmente nuova rispetto al classico concetto di natura morta. Si mostrano a noi vivi più che mai, lasciando trasparire i sentimenti e le emozioni come se ci volessero parlare.

Provenienza: Galleriaforma, Genova Collezione Paolo Minetti, Genova
Ma non è solo per questo che ci risulta così aderente una associazione fra il collezionista e Giorgio Morandi, ma anche perché si torna con la mente a quella mostra del 1963 alla Galleria Deposito e a quel Marc Chagall esposto fra gli astrattisti e gli informali. Si torna alle affinità emotive, che Paolo Minetti cercava.
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