Chandigarh è un progetto che parla di futuro, di pianificazione, di capacità artistica operativa e progettuale
Fra il 1951 e il 1966, su impulso del primo ministro indiano Jawaharlal Nehru, l’India vuole avviare il suo ingresso nella modernità con la nuova capitale del Punjab Indiano, Chandigarh, dopo che la storica capitale Lahore rimane al Pakistan a conclusione della guerra che ancora oggi infiamma il confine fra i due paesi. L’intenzione di trasmettere un’India pronta a sommare alle tradizioni l’amore per il futuro e lo sviluppo, prende forma nel coinvolgimento di uno dei massimi architetti del tempo, il francese Le Corbusier.
Lui sarà il coartefice del progetto assieme al cugino Pierre Jeanneret, abile progettista e geniale organizzatore che saprà brillare proprio gestendo questa commessa. Jeanneret organizzerà e disegnerà in una dialettica continua con il cugino, gran parte degli arredi dei più importanti edifici del complesso principale: l’Università, gli edifici residenziali, il palazzo dell’Alta Corte (massimo organo giuridico locale) e dell’Assemblea Legislativa del Punjab (il Parlamento).
Una delle principali intuizioni di Pierre fu coinvolgere direttamente gli artigiani del luogo, mettendo a frutto la vicinanza con il cantiere, e impiegando legni locali, più adatti al clima e a lavorazioni durature.
Nonostante la mole del lavoro, pur perfettamente organizzato, la produzione degli arredi non raggiunse mai una serialità industriale ma mantenne sempre un certo grado di variabilità fra un esemplare e l’altro, caratteristica tipica dell’artigianalità e, in quel caso, anche dell’artigianalità indiana che non prevedeva misurazioni millimetriche.
La selezione di arredi proveniente dalla neonata capitale, ripercorre gran parte dei luoghi toccati da un’arte e un design immortali, ove il mondo vecchio e quello nuovo final- mente si incontrano, uniti dalla passione per quell’estetica e quella funzionalità scaturite dalla mente geniale di due fra gli architetti a cui tutto il mondo ancora oggi si ispira.