Mostra Aprile 2016
Il mondo della storia dell’arte italiana riserva, a chi abbia voglia di percorrere sentieri inconsueti, gradite e inaspettate sorprese: opere stravaganti e non sempre in linea con il gusto dominante dei grandi centri; artisti eccentrici e spiriti liberi da condizionamenti, scuole o percorsi lineari. Tra di essi può essere annoverato Giuseppe Antonio Petrini (1677 – ante 1759) che, con Giovanni Serodine e Pier Francesco Mola nel secolo precedente, fa parte di quegli artisti originari del Canton Ticino ancora in qualche modo sorprendenti, che seppero partire dai contesti d’origine per acculturarsi nei centri nevralgici della cultura artistica italiana, per dare vita a composizioni che restano impresse nella mente di chi le avvicina.
Da sinistra: Giuseppe Antonio Petrini, Miracolo della Gamba Bergamo Santa Caterina
Giuseppe Antonio Petrini, Predicazione di S.Vincenzo De Paoli Bergamo
Petrini è comunque un artista che ha goduto di molte attenzioni in passato: studiosi come Edoardo Arslan gli hanno dedicato studi monografici e una memorabile mostra luganese del 1991 ne ha consacrato la grandezza, inducendo l’allora direttore del Louvre, Pierre Rosemberg, ad acquistare un dipinto oggi esposto nelle collezioni parigine. Nonostante ciò, la sua pittura ai margini degli schemi consolidati della produzione figurativa lombarda della prima metà del XVIII secolo e l’isolamento nella terra d’origine hanno in parte ostacolato la circolazione del suo nome al di fuori dello stretto clan dei suoi estimatori.
Spirito a tratti visionario, l’artista originario di Carona si forma – stando alle fonti – tra Genova e Torino, approfittando di una ben consolidata tradizione migratoria degli“artisti dei laghi”in epoca moderna. Le sue prime opere, tra Piemonte e Valtellina, databili agli inizi del Settecento, mostrano la conoscenza della pittura romana di marca naturalista: tagli prospettici repentini; pennellate sferzanti e bagliori improvvisi riportano proprio alla pittura di Serodine e alle esperienze caravaggesche di primo Seicento. Il contatto con una committenza nobiliare colta, come quella della famiglia valtellinese dei Peregalli e quella determinante dei Riva a Lugano, farà mutare progressivamente la sua straripante vena espressiva delle origini in modi più composti, dapprima orientati in senso rococò e mutati progressivamente, nelle imprese per la congregazioni luganesi – e in particolare per quella dei Padri Somaschi, nella cui chiesa di Sant’Antonio, a partire dal 1715, realizzerà una strepitosa parata di pale d’altare –, in una pittura vieppiù introspettiva e meditativa, che sarà anche all’origine di una serie infinita di quelle mezze figure colte in primo piano che ancora oggi sono identificate come il biglietto da visita della sua arte.
Nel mese di aprile sarà inaugurata nel piccolo borgo di Carona, luogo natale del pittore ticinese, un’interessante esposizione di dipinti inediti del pittore organizzata.
Si tratta per lo più di busti di santi, filosofi e scienziati dell’antichità, che permettono all’artista di dare sfoggio di un sorprendente virtuosismo nella realizzazione di teste di vecchi eseguiti con rapidi colpi di pennello di sorprendente sintesi esecutiva, contrastanti con la realizzazione dei vasti panneggi scultorei che ne ricoprono i corpi. La fortuna di questa produzione indusse l’artista ad attorniarsi di una schiera di allievi, di cui fecero parte anche il figlio Marco e il nipote Bernardino, che ne reiterarono all’infinito lo stile e le più fortunate composizioni, tanto da rendere oggi difficoltosa nella sua produzione più tarda la distinzione delle singole mani.
Laura Damiani Cabrini
Immagine di copertina: Giuseppe Antonio Petrini, Democrito, dettaglio
Mostra aperta nei periodi:
7-10 15-17 22-24 Aprile e 29 Aprile – 1 Maggio
ore 15-19
Vernissage:
Giovedì 7 Aprile, ore 18,30