Il celebre giornalista Joseph Pulitzer diceva “la pubblicità, la pubblicità e ancora la pubblicità è la forza e il valore morale preponderante della vita pubblica”.
Oggi può sembrare un’affermazione scontata, ma c’è stato un momento in cui le pubblicità rappresentavano qualcosa di assolutamente nuovo, dirompente, emozionante. Era l’epoca d’oro del manifesto italiano, un periodo che va dal 1890 al 1915, e tre erano i cartellonisti iconici che tutti ammiravano e seguivano con interesse: Leopoldo Metlicovitz, Marcello Dudovich e Adolf Hohenstein.

Nato nel 1868 a Trieste da una famiglia di origine dalmata, Leopoldo Metlicovitz si formò fin da giovanissimo come tecnico raffinato presso la ditta di famiglia, prima di specializzarsi come aiuto litografo prima a Udine e poi a Milano.
Dal 1888 al 1892 lavorò nella ditta milanese Tensi, per la quale presentò le sue prime illustrazioni: già in questi primi lavori il giovane Leopoldo iniziò a dare voce al suo personalissimo gusto decorativo e liberty.
La sua carriera subì una veloce impennata quando venne assunto dalle Officine grafiche Ricordi intorno al 1892 in qualità di direttore tecnico, iniziando a dedicarsi non solo all’elaborazione tecnica dei manifesti pubblicitari, ma anche della loro ideazione artistica.
Giovane talentuoso e ricco di idee, Metlicovitz venne promosso in poco tempo al rango di pittore, e il suo stile continuò a maturare seguendo l’influenza del linguaggio liberty d’ascendenza Jugendstil.
Ombrellini d’ogni specie ricchi assortimenti (1898), manifesto che sancirà l’inizio del sodalizio tra la Ricordi e i Grandi Magazzini Mele di Napoli, mostra tutto l’eclettismo e l’originalità dell’artista triestino: in questa illustrazione Metlicovitz enfatizza il prodotto inserendolo due volte, in primo piano e sullo sfondo, risaltando in maniera accattivante anche il nome del negozio. In quel periodo il suo stile si aprì anche alle contaminazioni orientali, che in quel momento spopolavano tra i migliori artisti in Francia: il fenomeno del Giapponismo investì l’Europa a partire dalla seconda metà del XIX secolo, influenzando impressionisti e post-impressionisti del calibro di Manet, Degas, Gauguin, Van Gogh e molti altri.
Durante l’ultimo decennio dell’Ottocento, l’abilità di Metlicovitz iniziò ad essere richiesta anche dal mondo teatrale milanese: dopo aver conosciuto personalmente Verdi e Puccini, l’illustratore iniziò a lavorare come costumista e scenografo per il Teatro alla Scala e nel 1899 presentò a Venezia le celebri cartoline della Bohème di Puccini per la prima esposizione internazionale di cartoline postali illustrate, riscuotendo un ottimo successo. I suoi manifesti operistici oscillano tra una rappresentazione realistica ed una simbolico- allusiva, come dimostrano le due diversissime opere Hans, il suonatore di flauto e Madame Butterfly, molto più vicina allo stile liberty.
Calzaturificio di Varese (stima: 7.000 – 13.000 euro) è un iconico manifesto datato 1914: fu una delle immagini che fecero più discutere del costume italiano del primo Novecento; seppur abbondantemente vestita, il gesto della donna che scopre una caviglia mostrando una scarpa elegante fece scandalo. In questa illustrazione è inoltre evidente l’influenza delle opere dell’allievo e collega Marcello Dudovich.
L’opera sarà battuta nell’asta Manifesti d’epoca, il 21 aprile, che si terrà nella sede milanese di Cambi.
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