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Dipinti Antichi

Il Maestro della Natura Morta Acquavella

16 Giugno 2023 Nessun commento
Il Maestro della Natura Morta Acquavella
Lara Maria Brun 16 Giugno 2023
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Martedì 27 giugno nella prestigiosa sede genovese di Castello Mackenzie, Cambi Casa d’aste presenta l’esclusiva asta live Old Masters, uno straordinario appuntamento che coinvolge opere di pittura antica di diverse epoche provenienti da importanti collezioni private.

Tra i lotti principali, spicca una Natura morta con canestra di frutta e vanitas (stima 140.000 – 180.000 euro) realizzata da un importante artista della prima metà del Seicento conosciuto con il nome di Maestro della natura Morta Acquavella.

Il Prof. Alberto Cottino, specialista in arte barocca e in pittura italiana dal Cinquecento al Settecento, considerato uno dei massimi conoscitori al mondo di natura morta italiana, spiega:

“Questa inedita, straordinaria Natura morta costituisce ad evidentiam un notevole incremento al catalogo dell’ancora misterioso pittore caravaggesco che anni fa ho potuto definire ‘il più importante pittore di nature morte dopo Caravaggio’, tradizionalmente identificato come ‘Maestro della natura Morta Acquavella’ dal nome del proprietario di una sua magnifica tela. 

Una parte della critica (non di  specialisti  di  natura  morta)  ritiene che questo anonimo pittore  possa corrispondere  a  Bartolomeo  Cavarozzi  (Viterbo  1587-1625). 

La  qualità è altissima: il senso di contemplazione degli oggetti, il deciso naturalismo nonché il taglio di luce diagonale a destra certificano l’appartenenza di questo dipinto allo stretto ambito caravaggesco, appena addolcito da un imbiondimento delle ombre, da uno schiarimento dei colori e dall’ammorbidimento della materia. 

Numerosi sono i punti di contatto con le opere già note di questo maestro, come dimostra non solo la struttura generale del dipinto (la ‘scansione metrica’ degli oggetti disposti sul piano in pietra, compreso il rametto di nespole all’estrema destra, è la medesima della tela ex Barberini, recentemente passata da Robilant e Voena a Londra) e dell’omologa (con alcune varianti) già di Colnaghi, ma anche alcuni dettagli quali le sbrecciature sul piano in pietra, la tipologia delle foglie sono quasi sovrapponibili. (…)

La presenza della Vanitas con teschio poggiato su un libro, fiori e clessidra – in aperto dialogo con la ricchezza e l’esuberanza della frutta, caso unico a mia conoscenza  nella  natura  morta  italiana –  ribadisce  e  rinforza  un  concetto simbolico tipico del Seicento legato al significato dei fiori recisi e dei frutti, cioè la caducità delle cose terrene (Fugit irreparabile tempus), concetto molto battuto anche dalla coeva letteratura, che viene qui esplicitato in maniera molto evidente.(…)

Il cosiddetto Maestro della Natura Morta Acquavella si colloca chiaramente nell’ambito della natura morta naturalistica di stampo caravaggesco, strettamente collegato al marchese Giovanni Battista Crescenzi. A partire dal secondo decennio del secolo, infatti il centro propulsore della natura morta romana, inizialmente strettamente legato all’entourage del cavalier d’Arpino, sembra spostarsi proprio verso il circolo del marchese Crescenzi (Roma 1577- Madrid 1635). Questi fu un personaggio estremamente importante soprattutto come intellettuale all’avanguardia, catalizzatore e forse anche propugnatore di un gusto nuovo nonché come mecenate di artisti in quanto, tra l’altro, stando alle parole del Baglione, raccolse intorno a sé in una sorta di Accademia alcuni tra i migliori giovani pittori di cultura caravaggesca sia di figura che di natura morta. Tra essi spiccavano in particolare Pietro Paolo Bonzi e Bartolomeo Cavarozzi. In realtà non sappiamo esattamente quanto fosse strutturata questa cosiddetta Accademia, ma sappiamo – stando alle parole del biografo Giovanni Baglione (1642) – che si dipingeva anche ‘dal naturale’, secondo un termine piuttosto ambiguo molto usato in ambito caravaggesco. Va precisato che nella cosiddetta Accademia del Crescenzi si dipingeva solo ‘talvolta’ dal naturale; quindi, non era il solo metodo utilizzato e inoltre le varie cose ‘di bello, e di curioso, che a Roma ritrovavasi di frutti, d’animali, e d’altre bizzarrie’, venivano consegnate ‘a quei giovani, che la disegnassero’: il termine, se lo intendo in maniera corretta, conferma   dunque che i naturamortisti utilizzavano normalmente disegni e cartoni.(…)

Un altro protagonista delle serate di studio ‘dal naturale’ nella cosiddetta Accademia del Crescenzi fu Bartolomeo Cavarozzi, non a caso conosciuto anche  come  ‘Bartolomeo  del  Crescenzi’  notevole  pittore  di  figura  di formazione manierista (fu legato in particolare a Cristoforo Roncalli) poi virato in direzione caravaggesca (allo stesso tempo mantenendo  una  componente  classicista di stampo raffaellesco-reniano). Alcuni suoi quadri di figura sono completati da nature morte di eccellente livello, date da una parte della critica ad una personalità distinta ma anonima denominata ‘Maestro della natura morta Acquavella’, la cui mano si riscontra anche in notevoli nature morte autonome, di grande qualità e più ‘moderne’ del Maestro di Hartford. Nelle opere che a lui si riconducono l’influenza caravaggesca è evidente, come ad esempio nella notevole Cena in Emmaus del Paul Getty Museum, che ho potuto esporre nella fortunata mostra del 1995-1996. 

Con il piccolo gruppo di opere dato a questo maestro si entra nell’annoso e ancora non del tutto risolto problema degli specialismi che si configurano lentamente a partire dal Cinquecento (si fa qui riferimento soprattutto alle mansioni specifiche nella bottega di Raffaello, basti pensare a Giovanni da Udine, che si mantengono ancora nei cantieri del Cavalier d’Arpino a fine secolo), e si perfeziona nei primi decenni del Seicento con la definizione dei generi pittorici. Cavarozzi, grande pittore di figura, si è occupato direttamente anche delle parti decorative – e delle nature morte autonome – oppure si è trattato di un campo lasciato ad un suo dotatissimo collaboratore? 

Il problema, secondo quanto sostiene nella celebre lettera del 1618 Vincenzo Giustiniani, come ho già avuto modo di osservare, era soprattutto di ‘scale di grado’, in cui la natura morta era posizionata ai posti più bassi. Siamo proprio negli anni di attività di Cavarozzi: poteva interessargli eseguire nature morte autonome da professionista? Inoltre, c’è da considerare anche che non esistono citazioni inventariali d’epoca da cui emerga Cavarozzi come autore di nature morte; dato il prestigio del pittore, in quegli anni famoso certamente alla stessa stregua di Gentileschi,  Saraceni ed  altri, perché mai non citarlo nelle collezioni? Sarebbe stato un motivo d’orgoglio per il collezionista, e invece niente. 

Ma ci sono anche altre considerazioni  da  tener  presenti.  Stilisticamente sono convinto che non tutte le nature morte ascritte a Cavarozzi stiano entro il 1625, anno della sua  morte. Inoltre, ci sono dipinti piuttosto famosi in cui è certamente presente il Maestro Acquavella mentre  le  figure  non  sono di Cavarozzi. Tolto il caso di Caravaggio, come sempre fuori dagli schemi, è difficile individuare grandi pittori di figura che siano stati altrettanto grandi pittori ‘professionisti’ di natura morta. È  un  dato  su  cui  riflettere. 

Ciò nonostante, alcuni studiosi, tra cui Gianni Papi,  ritengono che lo stesso Cavarozzi sia anche l’autore di diverse nature morte date al misterioso maestro, mentre altre sarebbero di un talentuoso seguace, dallo stesso studioso ipotizzato in Michelangelo Cerquozzi. Tuttavia, in questo caso non si capisce dove e in che modo inizi la discontinuità nei quadri del gruppo che permetterebbe di scorporarlo in due distinte personalità, e che a mio parere non si percepisce, meno che mai ipotizzando un intervento di Cerquozzi che creerebbe una frattura  tra  queste e le sue tele conosciute  ben  più  forte  di  quella  che eventualmente si avverta nel percorso piuttosto omogeneo del cosiddetto Maestro Acquavella. 

A parte un controverso documento di casa Altemps (1613), fino ad ora non sono stati trovati prove che attestino in maniera inequivocabile la produzione di nature morte di Cavarozzi, il che pare piuttosto strano a confronto invece del gran numero di citazioni inventariali di quadri ad esempio di Salini, Bonzi e più tardi di Mario dei Fiori, ma anche di altri pittori meno noti (altro dato su cui riflettere), mentre, al contrario, abbiamo in questi anni numerosi nomi di specialisti di fiori e frutti di cui oggi non conosciamo nulla, per cui ritengo metodologicamente più corretto tenere questo gruppo nell’anonimato, pur senza avere nessuna pregiudiziale in merito5.

Cavarozzi era strettamente legato a Giovanni Battista Crescenzi, quindi è del tutto certo che questi dipinti nacquero nello stesso ambiente. Le opere del cosiddetto  Maestro  Acquavella  sembrano  evolvere  gradualmente  da una lucidità ottica strettamente caravaggesca verso uno stile più delicato che sembra presagire la ricchezza e il  senso della decorazione ormai barocche – pur mantenendosi entro i confini del naturalismo- con uno schiarimento dei colori e delle ombre che diventano morbide e avvolgenti, come è evidente nel caso del  quadro  qui  studiato.  Inoltre,  come  ho  potuto  sottolineare  grazie  a un’approfondita analisi, nell’Aminta da me esposta nella mostra torinese del 2005-2006 la parte di natura morta è sovrapposta alle figure già finite, anche in punti fondamentali come l’attacco delle dita sul flauto. È del tutto evidente l’esecuzione di questi brani in un secondo tempo, a materia già stesa e asciutta, e non riesco a spiegarmelo se non con la presenza di uno specialista di natura morta intervenuto su una scena già impostata (a meno che non si possa pensare ad un intervento dello stesso figurista in un secondo tempo, ma mi sembra una situazione meno probabile). 

Vi sono altri problemi da risolvere: uno di essi è che la figura del noto Violinista di collezione privata, in cui la natura morta è senza ombra di dubbio del nostro artista, non sembra riconducibile a Cavarozzi, così come almeno  la  figura  del  Fruttaiolo di ubicazione ignota pubblicato da Mina Gregori nel 1973, nonché la Natura morta con putti recentemente passata presso Robilant Voena, le cui figure in nessun modo possono essere date a Cavarozzi. L’unico dato certo è che una delle tele del maestro proviene senza dubbio dalla collezione Barberini, come ho potuto specificare qualche anno fa. Il problema, dunque, deve rimanere a mio avviso ancora aperto ed è tuttavia da affrontarsi in maniera più complessa e sofisticata rispetto a quanto fatto finora, ma l’importante tela qui studiata costituisce senz’altro un fondamentale  tassello in più per la comprensione dell’annoso problema.”

Cambi Casa d'Aste dipinti antichi natura morta
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